La globalizzazione economica e i suoi oppositori

Globalizzazione Economia Primo biennio

La globalizzazione economica, avviata dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha favorito l'integrazione tra i Paesi, abbattendo barriere commerciali e aumentando l'interdipendenza globale. Sebbene abbia contribuito a crescita e innovazione, ha anche sollevato preoccupazioni legate alle disuguaglianze economiche e alla perdita di sovranità nazionale, con l'emergere di poteri globali come le multinazionali e le istituzioni internazionali.

Il movimento anti-globalizzazione, che critica le politiche di liberalizzazione e le pratiche aziendali inique, sollecita maggiore responsabilità democratica e attenzione ai diritti umani e ambientali. Per Amartya Sen, vero sviluppo significa non solo crescita economica, ma miglioramento delle opportunità e condizioni di vita per tutti.

Studiare i pro e i contro della globalizzazione economica è importante perché consente di esaminare criticamente gli impatti, le sfide e le opportunità della crescente interconnessione economica globale, nonché di identificare le politiche e le azioni necessarie per affrontarle in modo efficace ed equo il “nuovo ordine mondiale”.

L'autore: Alberto Frau è ricercatore universitario e professore aggregato di Economia aziendale presso l’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”. È inoltre docente senior nella Business School della Università “LUISS Guido Carli” di Roma. Alla ricerca scientifica sulle specifiche tematiche del mondo aziendale, affianca studi e pubblicazioni nel campo dell’economia politica e della politica economica. Per Mondadori Education è coautore del corso “Relazioni internazionali”.

Considerazioni introduttive

Globalizzazione economica è la locuzione adoperata, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, per individuare un complesso fenomeno inerente allo sviluppo dell’integrazione economica tra le diverse aree del mondo.

Talvolta intesa come sinonimo di liberalizzazione (per indicare la progressiva riduzione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci e dei capitali su scala planetaria), la globalizzazione economica affonda le sue radici nel cosiddetto nuovo ordine mondiale venutosi a creare al termine del secondo conflitto mondiale, incentrato sulle Nazioni Unite e sull’importanza della collaborazione internazionale al fine di prevenire conflitti futuri. Tale ordine promuove la diplomazia internazionale ai fini della non belligeranza e, allo stesso tempo, la cooperazione economica tra Stati.

In tale prospettiva, sono stati conclusi diversi accordi commerciali internazionali, come il General Agreement on Tariffs and Trade (GATT), e create istituzioni economiche internazionali, come l’Organizzazione mondiale del commercio, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, che hanno ridotto le barriere commerciali e dato vita allo scambio di beni e servizi tra differenti Paesi.

In questo contesto, lo sviluppo dei mezzi di trasporto e delle telecomunicazioni - (come il trasporto aereo, i container e Internet) che ha reso più facile e veloce il trasferimento di merci, informazioni e persone oltre i confini nazionali - e l’emergere di nuove tecnologie hanno creato nuove opportunità per la diffusione di idee, prodotti e servizi a livello planetario.

Molti Paesi hanno adottato politiche economiche aperte e orientate al mercato globale, riducendo le restrizioni commerciali e promuovendo l’investimento estero e la partecipazione alle catene di approvvigionamento mondiali.

Il crollo del blocco sovietico e il fallimento del socialismo reale negli anni Ottanta e Novanta hanno promosso la diffusione del libero mercato e della globalizzazione. In tale contesto, l’espansione dei mercati finanziariglobali ha giocato un ruolo fondamentale, facilitando il flusso di capitali attraverso i confini nazionali e contribuendo a generare l’interconnessione economica, politica e sociale tra le nazioni.

Gli effetti della globalizzazione economica sulle relazioni internazionali

La globalizzazione economica ha un impatto significativo sulle relazioni internazionali, poiché trasforma le interazioni tra Stati, attori non statali e istituzioni internazionali. Senza pretesa di esaustività, alcuni dei maggiori effetti possono essere così riassunti.

  • Interdipendenza e gestione del rischio geopolitici. La globalizzazione economica ha intensificato l’interdipendenza tra Paesi attraverso il commercio internazionale, gli investimenti esteri diretti, la migrazione di manodopera e i flussi finanziari. Questo ha reso i paesi più vulnerabili agli shock economici e ha aumentato la necessità di cooperazione e coordinamento tra le nazioni per affrontare sfide comuni come la stabilità finanziaria, il cambiamento climatico e, da ultimo, le pandemie.
  • Diffusione della cultura e dell’informazione. La globalizzazione economica facilita la diffusione della cultura, delle idee e delle informazioni oltre i confini nazionali, grazie alla tecnologia e ai media digitali. Ciò permette la creazione di una maggiore consapevolezza globale e favorisce l’interconnessione tra le società, sebbene sollevi preoccupazioni riguardo alla preservazione delle identità culturali.
  • Ridistribuzione del potere. La globalizzazione economica modifica la distribuzione del potere a livello internazionale, con una maggiore rilevanza di attori non statali, come le multinazionali, le organizzazioni non governative (ONG) e, in generale, le reti transnazionali. Questi attori possono esercitare un’influenza significativa sulle politiche nazionali e internazionali, spesso oltrepassando le frontiere statali tradizionali.
  • Crescita delle organizzazioni internazionali. In conseguenza della globalizzazione economica le istituzioni internazionali (le Nazioni Unite, il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale) giocano un ruolo sempre più importante nella gestione delle questioni globali e nella promozione della cooperazione internazionale, sebbene la loro efficacia e legittimità siano oggetto di dibattito e critica.
  • Sfide alla sovranità nazionale. La globalizzazione economica evidenzia i limiti degli Stati nazionali nel prendere decisioni autonome su questioni economiche e politiche. Ne consegue una ridefinizione del concetto stesso di sovranità e il sorgere di importanti interrogativi sulla capacità degli Stati di affrontare in modo efficace le sfide sovranazionali.

Il dibattito nell’economia contemporanea sulla globalizzazione economica

Alcuni studiosi enfatizzano i vantaggi della globalizzazione economica in termini di crescita economica e riduzione della povertà. Sostengono inoltre che la liberalizzazione dei mercati e la riduzione delle restrizioni commerciali porti verso una maggiore efficienza economica e crescita globale. Tali autori vedono la globalizzazione economica come un motore di sviluppo economico che apporta benefici per tutti i partecipanti, favorendo la specializzazione e la competizione, producendo prezzi più bassimaggiori opportunità di investimento e trasferimento di tecnologia.

Altri sostenitori della globalizzazione economica ritengono che questa, sostenuta attraverso l’innovazione e l’accumulazione di conoscenze, produca crescita economica. Essi ritengono che la globalizzazione incoraggi la diffusione delle idee e della tecnologia attraverso il commercio internazionale, accelerandone il processo di sviluppo. In altri termini, sono convinti che l’apertura ai mercati globali determini un maggiore accesso al capitale, ai mercati e alle risorse, stimolando l’investimento e la crescita. Tra gli studiosi favorevoli alla globalizzazione si annoverano, tra i più importanti, i premi Nobel per l’economia Milton Friedman e Paul Krugman.

Altri autori enfatizzano invece gli svantaggi della globalizzazione, sostenendo che - dati gli squilibri e le forti differenze (economiche, tecnologiche, culturali, sociali, politiche) esistenti tra i diversi paesi, nonché la presenza di condizioni di mercato assai lontane da quelle di concorrenza perfetta - i possibili effetti positivi siano superati da quelli negativi. In particolare, essi sollevano preoccupazioni riguardo agli effetti negativi sulle economie nazionali, sull’occupazione e sulla distribuzione del reddito, convinti che la globalizzazione aumenti la disuguaglianza economica sia all’interno dei paesi che tra di essi, concentrando la ricchezza nelle mani di pochi.

Tali critiche, nella misura in cui fanno riferimento al deterioramento delle condizioni lavorative, alla perdita di posti di lavoro nei settori meno competitivi e alla standardizzazione culturale, sostengono politiche volte a proteggere i lavoratori e ad attenuare gli effetti negativi con regolamentazioni più stringenti sul commercio e sull’investimento estero. Tra i detrattori della globalizzazione economica si annovera il premio Nobel Joseph Stiglitz, che ha sollevato numerose critiche con riguardo alle politiche di austerità e di aggiustamento strutturale promosse da istituzioni come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale.

Infine, a ben guardare, vi sono studiosi che hanno una visione sfaccettata della globalizzazione economica: ne riconoscono l’opportunità per lo sviluppo economico e sociale, inclusa la diffusione di conoscenze e tecnologie, l’accesso ai mercati globali e la promozione della cooperazione internazionale, ma allo stesso tempo sollevano dubbi riguardo alle disuguaglianze che possono emergere a causa di tale complesso fenomeno. Tali autori argomentano che la considerazione dei valori umani e della giustizia sociale è essenziale per valutare gli impatti della globalizzazione e che è essenziale il ruolo delle istituzioni globali nel gestire il fenomeno in modo equo e responsabile, soprattutto in relazione alle esigenze dei paesi in via di sviluppo. Tra gli studiosi promotori di un tale orientamento spicca il premio Nobel Amartya Sen, economista e filosofo indiano noto per le sue riflessioni su questioni di giustizia sociale, sviluppo economico e benessere umano.

L’«anti-globalizzazione» quale risposta sociale alla globalizzazione economica

Sulla scia del pensiero degli economisti che criticano la globalizzazione economica, ha preso corpo un dibattito che, alla fine del Novecento, oltre alla critica economica ha coinvolto quella politica e soprattutto sociale. Per individuare questo multiforme fenomeno gli studiosi della sociologia hanno coniato l’espressione Global Justice Movement, poi ribattezzata dai media movimentono global (o anti-globalizzazione). Tale locuzione indica la rete transnazionale che lega differenti soggetti, gruppi e organizzazioni non governative accumunati dalla critica contro la globalizzazione, considerata fonte di disuguaglianze economiche su larga scala, prodotta dall’espansione del capitalism senza regole e causa dell’impoverimento delle nazioni in via di sviluppo. I sostenitori del Global Justice Movement (i cosiddetti «attivisti») si fanno portavoce (in taluni casi anche tramite azioni violente) di alcune delle seguenti idee:

  • la liberalizzazione dei mercati favorisce le grandi aziende e i ricchi a scapito dei lavoratori e delle comunità più vulnerabili, dando vita a forti disuguaglianze economiche;
  • le politiche economiche e le decisioni prese a livello internazionale possono limitare la sovranità nazionale, la capacità dei governi nazionali di proteggere i propri cittadini e di perseguire politiche volte al benessere pubblico. Poiché sempre più spesso si assiste alla mancanza di democrazia e di trasparenza in molte istituzioni globali, quali il Fondo monetario Internazionale, la Banca mondiale e l’Organizzazione mondiale del commercio, gli attivisti premono per una maggiore partecipazione pubblica e responsabilità democratica nelle decisioni economiche e politiche degli organi sovranazionali, espressione della globalizzazione economica;
  • vengono deprecate le (numerose) pratiche aziendali tese allo sfruttamento della manodopera a basso costo nei paesi in via di sviluppo e viene auspicata la deregolamentazione del lavoro nei paesi industrializzati;
  • la globalizzazione economica per i suoi impatti ambientali negativi (inclusa la deforestazione, l’inquinamento e il cambiamento climatico) conduce a un rapido sfruttamento delle risorse naturali e a una crescita insostenibile dei consumi.

Conclusioni

La globalizzazione economica ha trasformato le relazioni internazionali, portando a una maggiore interdipendenza economica, alla diffusione della cultura e dell’informazione, alla ridefinizione del potere internazionale e alla crescita delle istituzioni internazionali. Tuttavia, ha anche fatto emergere numerose criticità riguardo alla perdita della sovranità nazionale e alla capacità delle istituzioni internazionali di affrontare problemi globali, complessi come quelli ambientali e sanitari.

La globalizzazione economica ha aumentato la mobilità delle persone attraverso i confini nazionali, facilitando le migrazioni internazionali e determinando una maggiore diversità etnica e culturale nelle società di destinazione, generando palesi problemi legati all’integrazione sociale e all’immigrazione.

Infine, se la globalizzazione ha favorito lo sviluppo e la diffusione di tecnologie avanzate in molti settori, accelerando l’innovazione e la trasformazione dei processi produttivi, dei servizi e delle infrastrutture, ha originato la disoccupazione tecnologica e la concentrazione del potere economico nelle mani di poche aziende dominanti.

Per poter esprimere, dunque, un giudizio consapevole sugli effetti della globalizzazione nella società contemporanea, l’analisi degli effetti positivi deve essere inevitabilmente mediata con gli effetti negativi. Solo così è possibile comprendere appieno i limiti della globalizzazione e allo stesso tempo le ragioni alla base del fenomeno dell’antiglobalizzazione, sintetizzabili con le parole del già citato premio Nobel per l’economia, Amartya Sen, secondo cui «il vero sviluppo non riguarda solo la crescita economica, ma anche il miglioramento delle condizioni di vita e delle opportunità delle persone».

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