Geopolitica, economia e globalizzazione

Globalizzazione Geopolitica

Una riflessione sulle strategie degli attori globali

Di che cosa vive una collettività? Di desiderio egemonico su altri popoli o di economia? Obiettivo della geopolitica è fornire una risposta a questa domanda.

L'autrice: avvocato del Foro di Piacenza e docente di scienze giuridico-economiche. È esperta sia di attività didattica tradizionale sia di potenziamento con utilizzo della metodologia CLIL.
 

Introduzione alla geopolitica

La geopolitica viene definita dagli analisti talvolta come una corrente di pensiero, un approccio politico-ideologico o uno studio dei conflitti di potere in spazi e tempi determinati. Si avvale dell’apporto di altre discipline quali la storia, la geografia, la psicologia dei popoli, la politologia, l’economia, il diritto.
I primi studiosi di geopolitica sono stati i geografi. Lo svedese Rudolf Kjellén (1864 - 1922) ha coniato il termine nel 1899. La paternità di questa disciplina viene attribuita al tedesco Friederich Ratzel (1844 - 1904) e all’inglese sir Halford Mackinder (1861 - 1947). Questi geografi hanno offerto un’analisi degli obiettivi di ciascun player internazionale, attraverso la percezione del senso dello spazio propria di ciascuna collettività e la conseguente necessità o possibilità di reperimento delle risorse naturali.
Proprio a causa dell’elaborazione del concetto di “spazio”, la geopolitica è stata considerata una disciplina sostenitrice delle teorie alla base dei totalitarismi novecenteschi, soprattutto per l’idea sostenuta dal tedesco Karl Ernst Haushofer (1869 - 1946) di dotare la Germania di un proprio “spazio vitale”. Questo pensiero prese una deriva nazionalista, giustificatrice delle teorie espansionistiche hitleriane.
La geopolitica venne riabilitata negli anni successivi alla caduta del muro di Berlino. Il recente interesse per questa disciplina deriva dalla sua capacità di enunciare i possibili scenari dell’azione di attori politici tramite l’analisi del contesto spaziale, inteso in senso non meramente geografico, ma anche economico-finanziario, tecnologico, climatico, culturale e sociale. Gli analisti studiano i fenomeni in grado di mutare i rapporti di forza tra diversi paesi.

Geopolitica ed economia

Obiettivo principale della geopolitica è stabilire di cosa viva una comunità: se di potere e prestigio o di economia. Nella prima categoria gli analisti geopolitici inseriscono gli imperi e i loro antagonisti, nella seconda gli stati satellite. Le azioni dei primi sono influenzate dall’orgoglio nazionale, dal desiderio egemonico su altri popoli: sono collettività che vivono in modo antieconomico, prediligendo il sacrificio e la conflittualità. 
Per converso, le azioni dei paesi satellite, o clientes, sono dirette al perseguimento dell’utile economico. Queste comunità giudicano i propri governanti in base alla capacità di produrre benessere attraverso lo stato sociale, l’accrescimento della qualità della vita. Per questo motivo vengono definiti “stati economicisti”.
Vi rientrano i Paesi dell’Europa occidentale, il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda, il Giappone e la Corea del Sud. Si tratta di sistemi economici capitalistici, che promuovono la libera concorrenza e la ricerca tecnico-scientifica, entrambe volte a favorire la crescita economica. Sono altresì collettività pacifiste e individualiste.
Durante gli anni della Guerra Fredda il mondo viveva in assetto geopolitico bipolare. Emergeva al tempo un confronto dicotomico tra gli USA caratterizzati da un’economia di mercato di matrice capitalistica e l’URSS, contraddistinta da un’economia pianificata di stampo socialista. Teatro degli scontri delle due superpotenze sono stati i paesi del Sud globale.
A seguito della caduta del muro di Berlino, gli USA si sono affermati come l’unica potenza egemone a livello mondiale. La collettività americana, come le sue attuali antagoniste russa, cinese, turca e iraniana, persegue l’obiettivo di esercitare la propria influenza sugli alleati e sui paesi rivali, sia con strumenti di soft power sia di hard power, compiendo finanche azioni antieconomiche che impongono alle industrie di anteporre l’interesse nazionale al proprio.
Grazie anche alla primazia militare e all’egemone controllo delle rotte marittime, gli USA godono di una centralità e di una solidità monetaria sancita dalla conferenza di Bretton Woods del 1944, che ha riconosciuto la moneta americana quale riserva globale.
In un sistema in cui la moneta fiduciaria viene ricevuta in cambio di beni e servizi dagli operatori economici di tutto il mondo, che confidano nella stabilità del suo valore nel tempo, la piazza finanziaria di New York è divenuta la più prestigiosa al mondo.
Tuttavia, gli Stati Uniti sopportano un alto deficit commerciale, con la conseguenza di un elevato indebitamento pubblico e privato. Attualmente le importazioni statunitensi superano le esportazioni, determinando una bilancia commerciale negativa.
Incurante delle regole economiche è anche la Federazione Russa: estranea alla filosofia del benessere, soprattutto nell’entroterra rurale, essa si nutre di orgoglio nazionale attingendo alle gloriose narrazioni del passato, autodefinendosi la Terza Roma. Attualmente si tratta di una potenza regionale. La sua capacità industriale è marginale, ma esporta grandi quantità di risorse naturali grazie alle quali finanzia soprattutto il settore bellico. È estranea alla dinamica del profitto ed è capace di privarsi delle risorse finanziarie o di vedere diminuito il proprio reddito pro capite per fini strategico-militari. Difatti le sanzioni economiche applicate in questi ultimi anni dall’Unione Europea per l’invasione in Ucraina non hanno sortito l’efficacia sperata. 
Analogamente alla Federazione Russa, Turchia e Iran, ex potenze imperiali, assurgono al ruolo di player internazionali. Questi due attori vorrebbero imporre la propria cultura, sunnita la prima, sciita la seconda, entrambi seguendo un’ideologia finalizzata a riformare le società del Vicino Oriente su base monoetnica. Ricchi di risorse naturali, entrambi i paesi devono, tuttavia, fronteggiare un’elevata inflazione e il deprezzamento delle proprie valute nazionali, causato dalla scelta di concentrarsi sul primato regionale a scapito dell’interesse economico.
Per la Repubblica Popolare Cinese l’espansione economica e l’innovazione tecnologica hanno un ruolo strategico. Il governo cinese utilizza il surplus commerciale sia per finanziare la spesa militare (finalizzata all’espansione territoriale) sia per ridistribuire la ricchezza dalle megalopoli industrializzate verso la campagna povera, riducendo uno squilibrio che ha nutrito rivolte e disordini sociali nel corso della storia. L’economia rappresenta per la Cina uno strumento della potenza.
Gli analisti geopolitici ritengono che la Repubblica Popolare sia il massimo sfidante della primazia americana. Tra i due attori internazionali esiste una differenza strutturale che li vede contrapporsi soprattutto nel processo di globalizzazione. Gli USA sono una potenza talassocratica e come tutti i popoli che nel corso della storia hanno raggiunto la superiorità marittima controllano la globalizzazione, ovvero l’integrazione su scala planetaria delle relazioni politiche, economiche e culturali. Per converso, la Cina è una potenza terrestre sostenitrice dell’idea di sviluppare una controglobalizzazione prevalentemente via terra.

Geopolitica e globalizzazione

La globalizzazione è caratterizzata da due dimensioni, quella ideologica e quella strutturale. 
La dimensione ideologica indica l’insieme delle strategie del liberismo, che enfatizzano il libero commercio, la deregolazione dei mercati, la delocalizzazione delle imprese, la circolazione dei capitali. 
Le politiche di liberalizzazione dell’economia sono state sostenute attraverso la creazione di istituzioni economiche come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, e con la creazione nel 1947 di un sistema volto alla riduzione delle barriere doganali tramite il GATT (Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio).
Questa internazionalizzazione sostenuta dagli Stati Uniti ha inizialmente contribuito a rendere gli scambi mondiali accessibili quasi esclusivamente ai paesi del Nord del Mondo. Con la fine della Guerra Fredda e l’emergere delle economie dei c.d. BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, a cui si sono aggiunti Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran nel 2024 e Indonesia nel 2025) sono state create nuove aree a vocazione industriale in grado di competere con l’Occidente.
Lo sviluppo tecnologico e delle comunicazioni ha esteso il concetto di globalizzazione a tutti i settori della vita, anche a quello sociale. L’universalizzazione di consumi, valori e modelli culturali ha omologato le condotte umane da una parte all’altra del Pianeta.
Il sociologo americano George Ritzer (1940) ha coniato lo specifico termine di “mcdonaldizzazione”, avendo ravvisato un parallelismo tra il descritto processo di uniformazione sociale e i principi di funzionamento della catena multinazionale di fast food McDonald’s. 
La dimensione strutturale della globalizzazione consiste invece nella capacità della marina americana di controllare stretti, canali e istmi. Da Panama a Suez, da Bab al-Mandab a Malacca, la flotta statunitense puntella i mari sui quali passa circa il 93% delle merci mondiali. Condizione della globalizzazione è l’impegno da parte dei paesi ad esportare i beni attraverso gli oceani sotto la stretta sorveglianza della marina americana.
La Cina, sebbene sia legata agli Stati Uniti da un’interdipendenza commerciale e finanziaria (la Repubblica Popolare Cinese possiede un terzo del debito pubblico americano ed esporta in massa merci verso gli Stati Uniti), si pone come alternativa economica rispetto ad essi. Essa ha promosso la Belt and Road Initiative, o Nuova Via della Seta: un ambizioso progetto che prevede la costruzione di ferrovie, porti, strade, ponti e piani energetici coinvolgendo numerosi paesi in Eurasia, Africa e America latina. Questa controglobalizzazione vede la Cina come motore di un possibile cambiamento di primazia.

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