
Il Black Friday è divenuto il simbolo del consumismo globale, nato negli Stati Uniti come evento commerciale successivo al Thanksgiving Day e diffusosi in Europa con l’avvento dell’e-commerce. L’iniziativa genera picchi di vendite e vantaggi per le grandi catene, ma riduce i margini e penalizza il piccolo commercio. Accanto all’aspetto economico emergono effetti sociali e psicologici: acquisti impulsivi, FOMO e bias cognitivi che alterano le scelte dei consumatori. Negli ultimi anni sono nati movimenti critici come il Green Friday, che promuovono un consumo più etico e sostenibile, aprendo riflessioni anche in ambito educativo.
L’autore: William Vittore Longhi è docente di Scienze giuridiche ed economiche nelle scuole secondarie di secondo grado, già analista finanziario e trader sui mercati valutari, è autore di manuali scolastici per gli istituti tecnici.
Se il consumismo ha mai avuto un suo rito da svolgere periodicamente e con la partecipazione entusiasta di intere masse - senza distinzione di nazionalità, regime politico o religione - questo è proprio il Black Friday. Decenni di evoluzione continua dei consumi individuali e collettivi, con una porzione crescente del reddito destinata all’acquisto di beni e servizi, a discapito della quota di risparmio, hanno portato le imprese ad affinare sempre più la loro capacità di attirare l’attenzione dei clienti, effettivi e potenziali, verso il loro prodotti. L’irrefrenabile innovazione tecnologica ha certamente modificato il basket dei beni materiali e immateriali cui agognano i percettori di reddito, arricchendolo di prodotti che, solo qualche anno prima, non avrebbero minimamente acceso l’interesse del pubblico, o sarebbero stati percepiti come mere curiosità o piccoli sfizi da aggiungere, ogni tanto, al carrello della spesa. E invece questo carrello muta la sua composizione in modo costante. La situazione sociale è ormai radicalmente mutata, e la società dei consumi vive e lotta insieme a noi almeno dagli anni ’70. Il consolidamento continuo di tale trend ha però anche portato le aziende a doversi confrontare con periodiche fasi di ristagno delle spese familiari e individuali (magari innescate da fiammate inflazionistiche o crisi geopolitiche), o a dover fronteggiare periodi di sovrapproduzione senza più sbocchi sufficienti. Tra i tanti strumenti che sono stati elaborati dai “maghi” del marketing per spingere i consumi in determinati periodi dell’anno, c’è appunto l’ormai notissimo Black Friday.
Per esaminare un fenomeno così tanto diffuso e consolidato nell’immaginario collettivo da aver fatto perdere le tracce delle sue origini, sarà opportuno affrontarlo gradualmente, attraverso le seguenti fasi analitiche:
- Una possibile definizione e un po’ di storia
- La dimensione commerciale del Black Friday
- La dimensione psicologica e sociale del Black Friday
- L’emersione di critiche al fenomeno del Black Friday
- Una possibile attività didattica
Una possibile definizione e un po’ di storia
Conviene iniziare con lo sgombrare il campo da eventuali ambiguità: il Black Friday, cioè Venerdì Nero, è in realtà una locuzione utilizzata in origine in un campo totalmente differente da quello su cui ci soffermeremo in questa sede, e cioè per riferirsi ai periodici crolli dei mercati finanziari. Gli operatori di Borsa, infatti, utilizzano da sempre tale espressione come sinonimo di una giornata negativa per i corsi azionari, con un’anomala e grave caduta delle quotazioni (i venerdì neri rimasti poi nel gergo degli investitori sarebbero quelli del 1866 a Londra e del 1869 negli Usa). Bene, quei venerdì in questo caso non ci interessano proprio.
In cosa consista invece il Black Friday oggi è piuttosto semplice dirlo: è un evento di carattere commerciale di provenienza statunitense, la cui data sarebbe, almeno originariamente, il venerdì successivo al Giorno del Ringraziamento (Thanksgiving Day). Quest’ultimo, infatti, cade ogni anno il quarto giovedì di novembre ed è per gli americani la festa più importante dell'anno insieme al 4 Luglio e, naturalmente, al Natale. La festa del Thanksgiving Day dovrebbe risalire addirittura al 1621, in occasione della riunione nella città di Plymouth (Massachusetts) dei padri pellegrini, volta a ringraziare il Signore del buon raccolto. Fu poi Abramo Lincoln a farla diventare una festa nazionale nel 1863, in piena guerra civile. Da noi, sul Vecchio continente, questa festa è arrivata solo di recente ed è nota – spesso grazie alla cinematografia - per il rito del tacchino, consumato dagli americani rigorosamente in famiglia e a casa.
Tornando invece al Black Friday, pare che tale espressione abbia avuto origine a Philadelphia nel 1961, per ragioni tutt’altro che positive: si tratterebbe di un particolare venerdì dopo il Ringraziamento di quell’anno, funestato da un formidabile caos nei negozi e per le strade, a causa di un inusuale traffico cittadino, con americani ovunque ad approfittare dei primi sconti prenatalizi, validi però solo per quella giornata. L’origine di tutto, dunque dovrebbe essere collocata proprio negli anni Sessanta negli Usa, con la rapida diffusione tra i negozianti statunitensi dell'abitudine di proporre sconti straordinari per stimolare lo shopping in vista del Natale.
La dipendenza economica e culturale dell’Europa dagli Usa si è fatta sentire anche in questo caso, anche se in modo tardivo: il Black Friday è infatti giunto sul Vecchio Continente e quindi anche in Italia, solo dopo l’affermarsi definitivo del cosiddetto e-commerce.
Si cominciano di fatto a organizzare e proporre i Black Friday in Europa solo intorno ai primi anni dopo il 2010, con il Regno Unito a fare da apripista, a causa della presenza di grandi catene statunitensi di distribuzione al dettaglio, come Amazon e Walmart. In Italia tale evento commerciale si è progressivamente diffuso, in modo concreto e solido, solo intorno al periodo 2010-2015. Naturalmente, le piattaforme di e-commerce, come Amazon, hanno recitato un ruolo da protagonisti nel periodo iniziale, mentre i prodotti maggiormente interessati erano quelli tipici della telefonia e dell’elettronica di consumo. Il successo di questa iniziativa ha portato rapidamente all’emulazione da parte delle grandi catene di distribuzione al dettaglio e persino dei piccoli negozianti, con offerte che riguardavano praticamente tutti i settori del consumo individuale e familiare, ma il mercato digitale continua tutt’oggi a farla da padrone rispetto ai negozi fisici.
Oggi siamo sostanzialmente di fronte allo stesso fenomeno di sessant’anni fa, solo più consolidato e ramificato attraverso tutti i comparti del retail, meglio organizzato, più specializzato e pertanto più efficace. Non è mancata la naturale estensione temporale dell’evento, in origine coincidente a un solo giorno di vendite: si è così passati dal singolo venerdì al "Black Weekend" fino alla "Black Week".
La dimensione commerciale del Black Friday

Il Black Friday può essere studiato sotto diversi aspetti, tutti interessanti.
L’Impatto su vendite, fatturato e margini di guadagno: durante il Black Friday è inevitabile l’aumento del volume d'affari per le aziende che ne approfittano, e che tipicamente cercano di spingere gli acquisti prenatalizi, cioè, destinati al tradizionale scambio dei doni, ma non solo. Quest’attività porta spesso, infatti, ad anticipare le spese già programmate e frequentemente anche ad aumentarle, inducendo i consumatori ad acquistare beni che altrimenti non avrebbero neanche preso in considerazione a ridosso delle feste. Ci sono però due aspetti che le imprese devono tenere in considerazione: l'aggressività degli sconti, da un lato, tende anche a ridurre i margini di guadagno, mentre la competizione che si scatena sui prezzi porta soprattutto vantaggi alle aziende che riescono a gestirla grazie alle loro dimensioni, quindi tipicamente la grande distribuzione organizzata, le grandi catene di distribuzione al dettaglio e, naturalmente, l'e-commerce e i suoi giganti (Amazon per tutti), mentre il piccolo commercio entra subito in difficoltà. Molti negozi fisici, cosiddetti di prossimità, hanno provato ad affrontare la sfida respingendo tale competizione e concentrandosi, invece, sulla qualità e l’originalità dei prodotti proposti, giustificando in tal modo la loro assenza dall’evento.
La trasparenza degli sconti: è tipico di questo periodo che alcune aziende pratichino anche dei falsi sconti, aumentando i prezzi prima dell'evento o non rispettando le norme che chiedono di esporre il prezzo più basso degli ultimi 30 giorni, in modo tale che il consumatore possa fare una valutazione precisa della convenienza dell’acquisto. Più precisamente, in Italia abbiamo una normativa specifica, data dal recepimento della Direttiva Europea Omnibus (Decreto Legislativo n. 26 del 2023), che ha modificato il Codice del Consumo, introducendo la fondamentale regola del “prezzo precedente”: dal 1° luglio 2023 per qualunque annuncio di riduzione del prezzo di un prodotto, che avvenga in occasione del Black Friday o di altre promozioni, c’è l’obbligo a carico del venditore di segnalare con chiarezza il prezzo precedente allo sconto. Peraltro, tale prezzo precedente viene definito dalla stessa normativa come il prezzo piuˋ basso applicato ai consumatori nei 30 giorni che precedono la riduzione del prezzo. Questa norma dovrebbe impedire la pratica degli sconti calcolati a ridosso di un aumento recente, utile soltanto a creare una promozione fasulla, e dovrebbe consentire ai consumatori di poter individuare con facilità l’effettiva convenienza dello sconto. La legge, peraltro, vale sia per gli acquisti online che per i negozi fisici.
L’impatto sulla logistica: l'organizzazione aziendale delle imprese coinvolte viene sottoposta a una pressione notevole in termini di efficienza, velocità operativa ed efficacia, e diviene davvero complesso il controllo dei costi di spedizione e soprattutto la gestione dei resi, il cui volume subisce in quei giorni un notevole e naturale incremento. Anche questa problematica favorisce senz’altro le aziende di grandi dimensioni, che hanno al loro interno le risorse gestionali per affrontare simili situazioni, segnate da picchi di vendita.
L’impatto sul personale dipendente: i giorni dedicati al Black Friday si caratterizzano per un deciso peggioramento delle condizioni generali di lavoro del personale dipendente delle aziende coinvolte, e a risentirne maggiormente sono sicuramente i dipendenti del settore logistico (spedizione e trasporto delle merci oggetto di shopping) e quelli del commercio al dettaglio, costretti spesso a turni massacranti, non del tutto compensati dagli aumenti in busta paga previsti in caso di straordinario.
La dimensione psicologica e sociale del Black Friday
Il Black Friday rappresenta un evento consumistico eclatante, che mette in luce, ogni anno, quelli che possono considerarsi i pilastri della società postindustriale e consumistica: tra questi: l’acquisto impulsivo.
Ci sarebbe da chiedersi, infatti, come sia possibile che tale evento continui a mantenere un così solido magnetismo nei confronti dei percettori di reddito; da un punto di vista psicologico le spiegazioni individuate dagli specialisti sono diverse: si parla a tale proposito di FOMO, acronimo che sta per Fear of Missing Out, ovvero un'ansia pervasiva e compulsiva legata alla fastidiosa sensazione che altri, intorno al soggetto, stiano vivendo esperienze gratificanti o beneficiando di opportunità sociali o di investimento dalle quali ci si sente tagliati fuori. Ne deriva il timore di perdere non tanto il prodotto in sé, quanto l'affare, l’occasione che altri nella società stanno cogliendo al volo. Emerge nel soggetto un’urgenza, in realtà ingiustificata sotto il profilo strettamente razionale, ma comunque emotivamente e psicologicamente pressante, che spinge inesorabilmente all'acquisto impulsivo, senza che vi sia stata una sufficiente riflessione sulla necessità effettiva di quel prodotto in promozione.
Si sottolineano, da parte di molti psicologi, anche i cosiddetti bias cognitivi che spingono l’individuo ad effettuare acquisti non necessari. Ricordiamo che un bias cognitivo è di fatto una distorsione cognitiva, basata su pregiudizi di diverso tipo, che porta la mente a seguire con sistematicità una scorciatoia, anziché applicarsi in un più faticoso processo di riflessione, con lo scopo di elaborare in maniera veloce i dati e le informazioni disponibili e assumere quindi delle decisioni per risolvere problemi o dilemmi. Tra i bias che si attivano durante le offerte si potrebbe citare, ad esempio, la cosiddetta “Riprova Sociale” (Social Proof) che ci porta a considerare opportuno e corretto un determinato comportamento, come l’acquisto in occasione degli sconti, proprio perché lo vediamo adottato da quella che viene percepita come la maggioranza delle persone intorno a noi, e la necessità di ricevere la loro approvazione ci induce a imitare le loro abitudini di spesa, anche se per noi non sarebbero necessarie.
Un altro bias cognitivo spesso citato per comprendere il comportamento dei consumatori in corrispondenza delle promozioni, è il cosiddetto “Effetto Ancoraggio” (Anchoring Effect), molto utilizzato proprio sui siti di e-commerce: questo bias emerge quando la valutazione di un prezzo scontato viene influenzata dalla prima informazione che percepiamo, definita appunto “ancora”, anche se nella realtà non sarebbe pertinente per esprimere un giudizio oggettivo sul prodotto. Per esempio, quando in un’offerta il venditore espone un prezzo di listino decisamente alto, che rappresenta psicologicamente l'ancora, vicino al prezzo scontato. La mente del consumatore, in questo caso, si ancora appunto al prezzo di listino, valutando il prezzo scontato - in termini comparativi - come una straordinaria occasione da non perdere in termini di risparmio, vedendo indebolirsi invece la capacità di giudicare correttamente e oggettivamente il valore effettivo del prodotto. È come se lo sconto si sostituisse al prodotto nel dare soddisfazione al consumatore.
Non sono mancati negli ultimi tempi i tentativi, soprattutto da parte di associazioni che tutelano i consumatori, di migliorare la consapevolezza di ciò che si fa durante lo shopping, invitando le famiglie a pianificare gli acquisti monitorando i prezzi in anticipo, a riflettere sulla necessità effettiva dei beni offerti in sconto e a fissare sempre un budget di spesa da rispettare.
L’emersione di critiche al fenomeno del Black Friday

Come ogni nuovo fenomeno sociale che si rispetti, anche il Black Friday ha fatto emergere una reazione spontanea nella società, di carattere morale e culturale, con i Movimenti Anti-Black Friday, tra cui si può segnalare il "Green Friday", che invita le persone a una maggiore riflessione sugli acquisti, a privilegiare la qualità dei prodotti sulla quantità di ciò che si possiede, a scegliere comunque le aziende che, nella loro attività, si dimostrino sensibili all'ambiente e all'economia circolare. Una delle imprese che si è maggiormente distinta in questo senso è senz’altro Patagonia, azienda statunitense di abbigliamento sportivo, particolarmente impegnata sul fronte ambientalista, con l’iniziativa divenuta famosa denominata "Don't Buy This Jacket". Patagonia, in occasione del Black Friday del 2011, decise infatti di pubblicare la foto di una delle sue giacche di maggior successo commerciale sul New York Times (la R2 Jacket) con il seguente titolo: "Don't Buy This Jacket", appunto, non comprare questa giacca. Lo scopo era quello di invitare a un consumo più responsabile e meno impulsivo, sottolineando l'impatto ambientale derivante dalla produzione di quella singola giacca.
Proprio a questo riguardo, molte associazioni, movimenti, aziende e ricercatori indipendenti hanno rivolto la loro attenzione ai costi nascosti degli sconti, provando a renderli di pubblico dominio, tra cui si possono citare gli aumenti nelle emissioni di CO2, determinati dall’incremento massiccio delle spedizioni e quindi dei trasporti delle merci; la sovrapproduzione e il conseguente aumento nei consumi energetici e di risorse naturali derivante dall’aumento della domanda; l’incremento radicale nella generazione di rifiuti, in particolare di rifiuti elettronici (RAEE) e tessili, dato che elettronica di consumo e moda sono spesso al centro di queste iniziative; l’aumento nell’uso degli imballaggi, con una enorme quantità di cartone, plastica e altri materiali utilizzati per il packaging e le spedizioni; e poi c’è la questione dei resi, determinata proprio dagli acquisti impulsivi e quindi frequentemente sbagliati.
Come abbiamo visto, dunque, anche le imprese come Patagonia, e non solo la società civile, stanno provando a cavalcare l’onda critica del consumismo, ma non sempre per motivi strettamente etici: spesso si tratta di sofisticate strategie di marketing. Si parla infatti di “marketing anti-consumista” o "marketing valoriale", in cui l'azienda mostra che intende anteporre i suoi principi etici, alla base della sua vision, al semplice profitto a breve termine, convinta che ciò possa comunque aumentare le sue prospettive di profitto a lungo termine. Presentarsi come attenti alla dimensione etica dell’economia significa attirare l’attenzione di una porzione significativa della clientela potenziale, sensibile alle tematiche ambientaliste e sociali. Tanto è vero che la stessa Patagonia ha registrato, in occasione di quella famosa campagna pubblicitaria anti-BlackFriday, il classico “Risultato Paradosso”, ovvero: anziché frenare le vendite dell’azienda, quella campagna pubblicitaria le ha fatte aumentare di circa il 30% l'anno successivo, grazie al miglioramento della fiducia e della fedeltà della clientela, sia tradizionale che nuova, che ha deciso di premiare la trasparenza comunicativa e l'integrità morale del brand.
Insomma, non sono mai mancate, né mai mancheranno in futuro, iniziative volte a ridimensionare gli effetti più deleteri del consumismo e dei suoi riti più radicati, come ormai è diventato il Black Friday in Occidente, ma l’impressione è che a vincere, almeno nella dimensione economica della società, saranno sempre gli istinti animali di keynesiana memoria.
Una possibile attività didattica
Questo genere di fenomeni sociali ed economici può essere oggetto di didattica sia nelle terze che nelle quarte di un indirizzo tecnico commerciale, ma lo si può tranquillamente adattare anche ad altri indirizzi, secondo le specifiche esigenze disciplinari e pedagogiche.
Un’attività didattica abbastanza efficace è un lo studio di un caso aziendale che unisca economia politica, economia aziendale, marketing, etica e sostenibilità attraverso un’attività di gruppo e di carattere laboratoriale.
Analisi di un Caso Aziendale: Patagonia (180 minuti - 3h)
Patagonia è l’azienda presentata in questo articolo, ma si possono trovare altre imprese (o farle cercare agli studenti) che hanno tentato di emulare Patagonia proprio con questo genere di strategia di marketing. L'obiettivo dell’attività è quello di comprendere meglio le ragioni alla base di una scelta strategica apparentemente (o effettivamente) controcorrente rispetto alla maggioranza delle aziende.
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